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DANILO MONTANARI

Caro Danilo, fa freddo, molto freddo qui a Bologna

A cura di Giulia Marchi e Giuseppe de Mattia

Opening 26 Novembre 2021 - h. 16:00 / 21:00

27 novembre 2021 – 7 gennaio 2022

LABS Contemporary art è lieta di presentare Caro Danilo, fa freddo, molto freddo qui a Bologna una mostra dedicata alle edizioni d’artista della casa editrice Danilo Montanari Editore. Giulia Marchi e Giuseppe De Mattia indagano, attraverso una vasta selezione dal lavoro di Danilo Montanari, l’utilizzo della “pagina bianca” come spazio espositivo nel quale le parole perdono in parte il loro valore semantico e si fanno immagine.

In mostra una selezione di libri d’artista, cataloghi, manifesti e multipli realizzati da Danilo Montanari nel corso degli anni per alcuni tra più significativi artisti del panorama internazionale tra i quali Alighiero Boetti, Giulio Paolini e Luigi Ghirri. Saranno presenti inoltre produzioni recenti a testimonianza della continua ricerca attuata dall’editore in ambito contemporaneo.

Danilo Montanari è nato a Marina di Ravenna nel 1953. Inizia l’attività editoriale nel 1979 con la cooperativa SUPERGRUPPO.  Ha fondato l’agenzia editoriale ESSEGI che ha diretto fino al 1993. Dal 1994 edita con il proprio marchio.

La casa editrice è attiva dal 1980 e ha pubblicato circa 800 titoli nel campo dell’arte contemporanea (fino al 1994 utilizzando anche il marchio Essegi), della fotografia e dell’architettura. In catalogo oltre ad autori storicizzati (da Alighiero Boetti a Maurizio Cattelan, Giulio Paolini, Sol Lewitt) anche nuove proposte (Flavio De Marco, Riccardo Benassi, Giuseppe De Mattia, Giulia Marchi) presenti sulla scena artistica internazionale. Significativi i titoli dedicati alla fotografia, da Luigi Ghirri a Olivo Barbieri, Paolo Ventura.

La casa editrice è particolarmente attenta ai libri d’artista a tiratura limitata. Ha partecipato ad alcune tra le più importanti fiere (Artissima Torino, Artefiera Bologna, MIART Milano, Offprint Parigi, NewYork Art Book Fair, Fotofever Bruxelles, Vienna Photofestival, Unseen Amsterdam, Kassel, Arts Libris Barcellona, Arco Madrid, Los Angeles Art Book Fair).

A volte il silenzio è continuità e le torte non andrebbero tagliate

 

Le pause sono il momento che preferisco di una conversazione con lui. La loro durata rivela in anticipo il peso delle parole che seguiranno. Danilo le pause non le calcola però, incede nel parlato con una metrica tutta sua. L’ ascolto non è mai semplice e il timbro spesso tradisce; la mimica no, anzi racconta e lo fa in maniera generosa, decisamente più generosa delle parole. Il silenzio di contro è rivelatore, segue il passo delle parole e ritma la conversazione. Le ascolto quelle pause, lo confesso, non sempre con attenzione ma in quei silenzi più o meno brevi, lo riconosco e lo ritrovo sempre. Sono quelli i momenti in cui mi ricordo di ringraziarlo perché devo a lui il mio primo incontro con il silenzio di Cage e con le parole di Villa, che solo recentemente ho imparato a leggere.

Poi la geometria, si la geometria del taglio ma non del taglio di Fontana bensì del “taglio della torta”. C’è una logica “paoliniana” nella rigorosa geometria della fetta di torta; nella sua misura mai “fuori misura”. Una perversione dello spazio condotto fuori dall’ordinario, la capacità di gestirlo e di nobilitarlo anche e soprattutto in cucina, a tavola…

Poi ci sono i fiori, piccoli mazzi, semplici quasi anonimi che mi raccontano una parte di lui che voglio tenere per me. Szezeemann mi ha insegnato che l’ossessione non può e non deve essere un fatto pubblico e solo chi riesce a fare della propria intimità un’ossessione può giungere all’universale. Il museo delle ossessioni di Szeemann è un “museo nella testa”, credo di poter dire che i libri di Danilo o il Danilo che appartiene ai suoi libri siano fondamentalmente nella testa, nella sua testa. Sono un luogo fatto di niente, sono le pause del discorso, sono la fetta di torta che immancabilmente sceglie di non mangiare; sono, citando Filliou l’arte che rende la vita più interessante dell’arte.

Giulia Marchi

Conosco Danilo da più di dieci anni. Non sono molti se ci penso, o meglio, mi sembrano tantissimi per la qualità del tempo che abbiamo passato insieme. La prima volta l’ho contattato per proporgli un libro con delle fotografie che avevo fatto un paio di anni prima nella casa della famiglia Arcangeli, a Bologna. Mi disse che lo avrebbe pubblicato, così, senza aggiungere altro.

Quello fu l’inizio del suo periodo che oggi – io e lui – ci divertiamo a definire: “il periodo delle scatole di legno”. Deve aver preso uno stock di quelle scatole perché in quell’annata, quasi tutti i libri d’artista, erano contenuti in scatole di legno simili alla mia.

Fino a quel momento conoscevo un po’ i libri, ma non i libri d’artista. Grazie a Danilo sono diventato nello stesso momento autore e, quello, che nel gergo del secondo mercato, viene chiamato “tartufaro”, una sorta di cane da tartufo quindi, un cercatore. Questa passione per la ricerca, soprattutto nei mercatini, mette in comune me, Danilo e Giulia ed è una passione che unisce Danilo anche ad altri autori dei suoi libri.Con il passare del tempo ho capito di non essere stato il suo unico tartufaro. Mi ricordo di quella volta in cui ho trovato, in un mercato emiliano, una cartella contenente

nove fotografie firmate di Luigi Ghirri. Danilo, che aveva conosciuto e lavorato a lungo con il fotografo, mi aiutò ad identificare e a rivendere il cofanetto al miglior prezzo senza truffarmi (atteggiamento rarissimo nell’ambiente). A quel punto capii che avremmo lavorato a lungo insieme e che, quasi sempre, avremmo fatto qualcosa di buono.

L’unica cosa non buona che abbiamo fatto insieme è stata quella di cucinare il risotto con il “pazzetto”: lui dice per colpa mia e delle mie chiacchiere, io dico per colpa sua e della sua mania di utilizzare la pentola a pressione per preparare qualsiasi pietanza. Ma questa è un’altra storia.

 Giuseppe De Mattia

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