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Milan Vagač
Black Box


Testo di Domenico de Chirico

6 Aprile –  3 Giugno 2023
Opening 6 Aprile 2023 - h. 16 / 21

Il titolo di questa mostra potrebbe certamente risultare ingannevole considerando che porsi dinanzi ai compositi e ammalianti dipinti del giovane artista, slovacco d'origine ma ceco d'adozione, Milan Vagač, non vuol dire di certo osservare il nero o quantomeno qualcosa di distintamente oscuro. Siamo piuttosto catapultati nel mondo dell'astrattismo puro, un astratto doppio in certa misura, poiché governato contemporaneamente dal ritmo e dalla ripetizione, la cui morfologia guarda al passato, ovvero alle forme autentiche dell'arte moderna, includendo i motivi tipici delle avanguardie proprie della scuola del Bauhaus, laddove ha avuto luogo, in maniera cruciale, quell'importante dibattito novecentesco sul rapporto che intercorre tra tecnologia e cultura.

 

Elaborando, complicando e addirittura dissestando tali forme, Vagač ne sviscera i meccanismi interni che a loro volta vengono mostrati in tutta la loro intrinseca complessità. Si tratta di un procedimento prettamente estetico in cui la forma impera e laddove la stratificazione si rivela interamente in superficie attraverso perspicaci scelte pluridimensionali. In quest'ultima serie di lavori intitolata “Gizmo”, Milan Vagač fa riferimento alla macchina o ancor più precisamente al significato della parola stessa, in relazione a quell'oggetto tecnologico, solitamente di piccole dimensioni, del quale, in genere, non si conosce il nome esatto e che tuttavia possiede una specifica funzione.

 

Ciò che interessa a Vagač è l'approccio che la maggior parte degli utenti ha nei confronti di un dispositivo che si presenta ai loro occhi come accattivante e progressista, privilegiandone, tuttavia, la sua superficie, da intendersi come involucro, disinteressandosi di ciò che esso contiene, delle parti fondamentali interne che rendono quell'oggetto ciò che realmente è, comprensivo dei suoi meccanismi più profondi che gli consentono di espletare le funzioni per cui è stato originariamente ideato. “Black box”, da cui il titolo della mostra, è, per l'appunto, una scatola nera, un sistema di cui non si conoscono i processi interni, tanto da poterla metaforicamente definire come una scatola magica.

 

Il modo in cui Vagač guarda alla pittura è intrinsecamente questo, ovvero un luogo concreto e denso sia di riguardevole cura sia di instancabile fatica nonché di lunghi e articolati processi che collimano in superficie, unica zona visibile agli occhi dello spettatore. Attraverso i suoi lavori egli vuole mostrare ciò che sta sia dietro sia dentro, creando rilievi illusori, esponendo solo parzialmente la superficie e rivelando le strutture che altrimenti sarebbero nascoste, negando non già la superficie in senso ontologico ma facendo di tutta l'opera la superficie stessa.

 

È così che, negando la piattezza di un dipinto, rivelandone gli strati immensurabili e le strutture recondite e mettendo in dubbio origine e scopo, ogni cosa, simultaneamente, affiora e sprofonda, pregna e nuda, in un ribollire di forme, in un ordinato e rigoroso magma formale costituito, come sosteneva il pittore e scultore tedesco Oskar Schlemmer, «dalla spazialità, dal sentimento dello spazio», a sua volta perfettamente incastonato in un mondo in cui «l’essere umano è sia un organismo in carne e ossa, sia un meccanismo di numeri e misure».

Domenico de Chirico

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